La trama vede contrapporsi le forze della legge, capitanate dal tenente Vincent Hanna (Al Pacino), e i rapinatori coordinati da Neil McCauley (Robert De Niro). Il sottofondo è quello di una Los Angeles fosca e buia come la notte.
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Questo articolo è parte di una serie volta a riscoprire la fotografia nel cinema, se desiderate approfondire è presente un’introduzione esplicativa.
©Regency Enterprises, Foward Pass, Warner Bros |
La scena del crimine: si nota come i protagonisti siano posizionati su diversi livelli, per aggiungere dinamismo. Il protagonista sembra quasi passare in secondo piano, nascosto dall’ombra e dal vestito scuro, tuttavia il volto emerge nettamente dall’oscurità. Una grossa colonna in cemento armato, alle sue spalle, ne sottolinea l’importanza. Non esistono inoltre spazi vuoti: nell’unico pertugio presente tra i detective si notano due uomini che parlano sullo sfondo.
E’ presente un classico faro di scena, che illumina da sinistra verso destra. Tuttavia il contrasto non risulta eccessivo, lasciando spazio ad una discreta sottoesposizione, per sottolineare la drammaticità della scena, alla quale contribuisce anche il bilanciamento del bianco, spostato decisamente sui toni del blu.
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Il primo appuntamento tra Neil e Eady. Un’inquadratura semplice, ma che sottolinea la serenità del momento tramite un contrasto piuttosto marcato e luci dai colori caldi.
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Anche nelle inquadrature all’esterno, si privilegia un meteo nuvoloso, con scarso contrasto e colori tenui: l’atmosfera è tutto fuorché serena.
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Nel corso dei dialoghi, per volontà del regista, solo uno dei partecipanti rimane ben visibile. In questo caso Neil risulta ben illuminato, la sua postura comunica sicurezza e propositività. Chris al contrario è all’ombra, perso nei suoi pensieri.
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L’appostamento. Un’inquadratura magistrale, gioco di sfocato nel quale l’unico soggetto nitido è il tenente Hanna. La luce arriva dal basso, passa attraverso delle griglie che disegnano motivi geometrici sui volti delle persone, sottolineando la furtività dell’operazione.
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Il volto di Waingro dice tutto, uno psicopatico che emerge dall’ombra come un demone dall’inferno. La luce infatti è molto calda, soffusa, il contrasto piuttosto accentuato.
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La discussione tra Justine e Vincent. Il volto della donna è tirato, anche la postura suggerisce rigidità, disappunto. Appare evidente una forte sottoesposizione, nella quale emergono poco più che i profili, caldi. Da notare l’anello che brilla come una stella in cielo: passione e tristezza, gioia e dolore.
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L’incontro tra amici: nonostante la giornata serena, non sembra splendere il sole. Le posture suggeriscono concentrazione e tensione.
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Nate e Neil si aggiornano. Qui il contrasto è scarso, la luce è soffusa, i colori smorti come a indicare un pericolo imminente. Anche qui è presente un certo decentramento dei soggetti, con il volto in primo piano completamente fuori fuoco; addirittura appare un punto luce in corrispondenza della pupilla.
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Un’auto parcheggiata sotto a un viadotto, quasi un cliché per il cinema americano. Tuttavia l’esecuzione è magistrale, tramite un gioco di luci che esalta i profili dei piloni, come a creare un effetto cattedrale. Il piatto forte è il flare dell’obiettivo anamorfico, che pur non eccessivo ha sempre il suo fascino. La scena ricorda molto il concetto di spazio liminale caro alla nostra Greta Contardi.
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Una chiamata improvvisa: anche qui contrasto quasi nullo, cielo plumbeo. Da una parte Gilbert, dall’altra il telefono. Esattamente a metà un lampione taglia in due l’inquadratura: nulla è lasciato al caso.
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Negli uffici tutto è severo, suggerito dal vestiario elegante e dalla saturazione scarsa; sembra quasi una scena in bianco e nero. Il gioco di prospettiva tra soggetti, ombre e architettura è perfetto.
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L’attesa in auto, un’inquadratura tutt’altro che scontata. I soggetti sono appena visibili, eppure si intuisce tutto. Come se persino nella testa dei protagonisti ci fosse un cielo nuvoloso…
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La sparatoria: siamo in pieno giorno, ma l’atmosfera appare quasi notturna.
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Il viaggio in elicottero: ci troviamo di fronte ad un manifesto della pellicola, o quantomeno del suo realismo. Se fosse stata girata in digitale, questa scena avrebbe beneficiato di una gamma dinamica molto più ampia. Per dirla semplice, il soggetto e lo sfondo sarebbero stati decisamente più distinguibili, grazie ad un’illuminazione più efficace delle ombre.
Invece, come potete notare dal fotogramma, l’elicottero nero si intravede appena, fagocitato dalle luci artificiali. In realtà il mimetismo e la decisa sottoesposizione sono voluti, l’intento è quello di aggiungere drammaticità alla scena, sulla scia delle scelte fotografiche già viste in precedenza.
Una chicca: a mio parere il regista ha voluto omaggiare, tramite la scelta cromatica del velivolo, la celeberrima serie Miami Vice, da lui prodotta e terminata pochi anni prima. Infatti nelle prime due stagioni i protagonisti guidavano una Ferrari Daytona Spyder, anch’essa nera; come analoghe erano le numerose scene girate in notturna.
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Il confronto alla tavola calda: ho voluto mostrarvi tutta la sequenza, si nota infatti che col trascorrere del tempo l’inquadratura stringe sempre di più sui protagonisti, in un crescendo di tensione. I colori sono quasi assenti, l’unica nota cromatica è rappresentata dai volti, dalle espressioni variabili ma sempre rigide.
La luce è scarsa, il contrasto marcato.
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La macabra scoperta: una scena forte ma non eccessiva, basata più sulle sensazioni. L’elemento principale sono le gambe martoriate in primo piano, fuori fuoco. Sullo sfondo, e in mezzo ad esse, appare Neil che emerge dall’ombra. La luce gioca un ruolo fondamentale: nel sottolineare il profilo dell’uomo che varca la soglia e nell’evidenziare gli schizzi di sangue sugli arti e sulla parete di destra.
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In questa scena, simile a quella dell’elicottero, un’automobile si staglia sullo sfondo cittadino. L’immagine è mossa, per comunicare un senso di ansietà e frenesia.
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Neil e Eady si parlano, e dietro di loro una luce abbagliante esalta i loro profili; il sentimento è forte.
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Questo fotogramma è in totale contrapposizione col precedente: la scena risulta molto buia, i volti sono a malapena illuminati, e solo la luce fioca di un lampione segnala la presenza di uno sfondo.
I volti sono tirati, la donna in primo piano è sfocata, incrocia le braccia. Ancora una volta c’è un forte decentramento dei soggetti, e torna la dominante blu. Esattamente a metà inquadratura il palo divide in due la scena: da una parte la coppia, dall’altra… il nulla?
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Il tenente parla al telefono: l’aspetto che salta più all’occhio è l’utilizzo di un obiettivo grandangolare, per deformare leggermente il volto del soggetto e sottolineare l’importanza della conversazione. Allo stesso tempo si sfruttano le linee convergenti del soffitto per regalare profondità alla scena; si notino i punti di partenza che cadono esattamente agli angoli, segno di precisione e ricerca del dettaglio.
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Il volto di Charlene appare intenerito e sofferente allo stesso momento, il colorito pallido e bluastro fa contrasto coi punti luce dorati sullo sfondo, donando intensità alla ripresa.
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Chris risulta inghiottito dalla notte, quest’immagine riflette la totale assenza di prospettive del personaggio. Il contrasto è nullo, i colori assenti.
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Scena fortissima, non c’è molto da dire, se non sottolineare il forte impatto emotivo suscitato.
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A differenza del fotogramma che lo ritraeva in versione demoniaca, in questa sequenza Weingro sembra una sorta di Cristo crocifisso, vestito di bianco in una stanca immacolata. Le luci sono calde e soffuse, sullo sfondo si intravede la città. “Oggi stesso sarai con me in paradiso”… O forse all’inferno, ma pur sempre a Los Angeles.
Fotografia drammatica (la mia preferita in assoluto è lo si vede) alla Michael Mann. Fotografia che crea mistero e dramma. Il film è un must. Ma in genere tutto ciò che realizza è qualcosa di unico, a partire da Miami Vice (la serie, non il film, forse l’unico suo errore).
RispondiEliminaGrazie per il commento che denota una solida preparazione sull'argomento.
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Paolo