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Canon AE1 - Recensione

Con questo articolo introduciamo una nuova serie di recensioni, dedicate alle fotocamere a pellicola. Seguendo il ritorno di fiamma della fotografia analogica, vi presentiamo alcune delle macchine che abbiamo utilizzato personalmente.



La Canon AE1 è una fotocamera reflex per pellicola 35mm (formato 36x24) a funzionamento elettronico, prodotta in Giappone dal 1976 al 1984.
Si tratta di una delle prime macchine elettroniche ad aver avuto una grande diffusione; fotocamere come questa segnarono una pietra miliare nella transizione verso dispositivi con sempre più automatismi, avvenuta negli anni ’80. La AE1 può essere utilizzata sia in modalità manuale che a priorità di tempi, poiché gli stessi sono controllati da un circuito elettronico. Fa parte del sistema Canon FD, nel quale andò a inaugurare una nuova serie di corpi macchina, contraddistinti dalla lettera “A” (AE1-AT1-A1 ecc.) tutti a funzionamento elettronico, per i quali vennero prodotti degli specifici accessori.


DATI TECNICI


Tipo: Reflex 35mm (36x24)
Innesto: FD
Peso: gr. 590
Misure: 141x87x47,5 mm
Gamma tempi: 2 – 1 – 1/2 - 1/4 - 1/8 – 1/15 – 1/30 – 1/60 – 1/125 – 1/250 – 1/500 – 1/1000 + B
Esposimetro: a media ponderata centrale, da 25 a 3200 asa, con ago indicatore
Batterie: 1 CR28 o 4LR44


QUALITA’ COSTRUTTIVA


La fotocamera come primo impatto appare solida, il peso non indifferente accentua questa sensazione. Il corpo principale è in metallo, con la fascia centrale rivestita in plastica antiscivolo. Anche i comandi sono principalmente in metallo, con dettagli secondari in plastica.
Analizzando meglio i materiali si nota tuttavia una qualità costruttiva discreta, non eccellente. Gli stampi metallici appaiono un po’ grezzi, e le plastiche utilizzate non molto robuste, in particolare per lo sportellino del vano batteria. Le finiture in generale sono migliorabili, ad esempio la zona della leva di avanzamento / pulsante di scatto.
In generale la qualità costruttiva è definibile come più che sufficiente.


ERGONOMIA


La Canon AE1 non dispone di un’impugnatura vera e propria, basando la sua ergonomia unicamente sul rivestimento antiscivolo (non del tutto sufficiente) e sulla possibilità di attaccarle una cinghia o una tracolla, per le quali sono predisposti degli occhielli nella parte frontale, verso le estremità del corpo macchina. L’unico appiglio per le dita, non del tutto sufficiente, è costituito dallo sportellino della batteria.
Le dimensioni della fotocamera sono nella media, pertanto indipendentemente da quanto siano grandi le mani dell’utente, la si potrà utilizzare senza particolari comodità o scomodità, almeno per quanto riguarda le funzioni principali (avanzamento, settaggio tempi e scatto). La disposizione dei comandi segue la tradizione delle reflex meccaniche: leva di avanzamento, ghiera tempi, nottolino di riavvolgimento e contafotogrammi sono tutti sulla calotta superiore.



L’apertura del dorso si ottiene tirando verso l’alto il nottolino di riavvolgimento, cosa che provoca anche l’azzeramento del contafotogrammi.
Il caricamento della pellicola avviene secondo uno schema classico, posizionando la cartuccia 35mm nell’apposito vano a sinistra e inserendo la coda della pellicola nel rocchetto ricevente a destra, poi si avanza e si scatta a vuoto fino al fotogramma 1. Anche il riavvolgimento avviene in modo standard: sbloccato il trascinamento tramite il pulsantino sul fondello della macchina, si ruota il nottolino (grazie alla levetta pieghevole che lo rende una manovella). Le operazioni sono intuitive, senza agevolazioni o svantaggi di alcun tipo.
L’otturatore, costituito da tendine in tela a scorrimento orizzontale, si arma facendo avanzare la pellicola, impedendo di esporre accidentalmente lo stesso fotogramma; tuttavia, è possibile ingannare la macchina e caricare il meccanismo senza avanzare al fotogramma successivo, semplicemente premendo il pulsante di sblocco del trascinamento e tirando la leva di avanzamento. Questo sistema, per quanto scomodo, offre comunque una possibilità artistica extra alla fotocamera. 




La leva di avanzamento è coassiale alla ghiera dei tempi, si muove in modo sufficientemente fluido e, raggiunto il fine-corsa, ritorna automaticamente in posizione di partenza;
La ghiera dei tempi si muove a scatti in corrispondenza di ciascun valore indicato, con adeguata resistenza. Il colletto della stessa svolge la funzione di settare l’esposimetro: sollevandolo e ruotandolo, si fa girare l’indicatore ASA contenuto all’interno della ghiera dei tempi fino a trovare la sensibilità voluta. L’operazione è però ostruita dalla leva di avanzamento; inoltre, ruotando il colletto, spesso si modifica involontariamente il tempo di scatto. Tutto ciò rende il procedimento estremamente scomodo, dal punto di vista ergonomico è uno degli aspetti più scarsi della AE1.

Il pulsante di scatto, filettato per permettere l’utilizzo di un cavetto flessibile, offre una superficie ragionevolmente ampia e si riesce a gestire la pressione con la giusta sensibilità. Alle base dello stesso è presente un selettore con tre posizioni: L, A e S, rispettivamente spento, acceso e autoscatto. Nella posizione L il circuito viene disattivato e la carica della batteria viene preservata: è una sorta di “sicura” per impedire scatti accidentali. Per utilizzare l’autoscatto, dopo aver posizionato il selettore su S, premendo il pulsante di scatto parte il conto alla rovescia (circa 10 sec.). Un led posizionato nei pressi del selettore inizia a lampeggiare, aumentando la frequenza del lampeggio poco prima dello scatto: è un ottimo sistema per capire che la macchina non ha ancora scattato anche quando ci si trova a una certa distanza dalla stessa.

La lettura esposimetrica si attiva premendo a metà corsa il pulsante di scatto, oppure un pulsante nero che si trova a lato dell’innesto per l’ottica (ne parleremo in seguito), e utilizza una lancetta nel mirino per mostrare i valori sulla scala dei diaframmi, visibile nella parte destra. La lancetta si sposta in base al tempo selezionato e, quando si utilizzano gli obiettivi FD, indica l’apertura da utilizzare per esporre correttamente. In situazioni di sottoesposizione, un led rosso al di sotto della scala lampeggerà per avvisare l’utente, mentre nella parte alta della scala i diaframmi più chiusi (F16-F22) sono indicati in rosso per indicare il pericolo di sovraesposizione.
Quando la macchina viene usata in modalità manuale una M rossa lampeggia nel mirino, ricordandoci che dovremo regolare l’apertura al valore indicato; in modalità automatica, invece, il valore di apertura indicato dalla lancetta verrà automaticamente selezionato al momento dello scatto. La scala diaframmi va da F 1.4 a F 22, lavorando in automatismo possono pertanto esserci alcune problematiche nell’utilizzo di obiettivi FD che permettono aperture più ampie (F 1.2) o più chiuse (F 32) e, in ogni caso, non è detto che l’obiettivo che si sta utilizzando copra del tutto la scala diaframmi utilizzata. Si tratta di un automatismo non molto sofisticato, che richiede una certa attenzione da parte dell’utente.
 
 

 
Per obiettivi non FD (ad esempio quelli adattati), utilizzabili unicamente in modalità manuale, la misurazione dell’esposizione avviene al diaframma di lavoro (stop down) e l’esposizione corretta vede la lancetta posizionarsi a centro scala, in corrispondenza del valore 5.6.
L’esposimetro effettua la misurazione dando maggior peso all’area centrale, quella dove teoricamente dovrebbe trovarsi il soggetto. Sostanzialmente preciso, lo giudichiamo come più che sufficiente.
Al di là delle informazioni fornite dall’esposimetro, il mirino offre una superficie relativamente sgombra da distrazioni per inquadrare e mettere a fuoco. La luminosità è ragionevole, anche in situazioni di scarsa luce, e al centro dello stesso è presente uno stigmometro che spezza l’immagine, per agevolare la messa a fuoco di soggetti lineari. A circondarlo vi è una corona di microprismi. La copertura è del 93% circa, nel complesso il mirino risulta più che sufficiente, anche se una copertura maggiore sarebbe stata più gradita, e si poteva mostrare anche il tempo di esposizione selezionato.
Sulla calotta superiore è presente un pulsante per misurare la carica della batteria: premendolo e guardando l’ago dell’esposimetro, dovremo verificare che questo non si posizioni al di sopra del valore di F 5.6, altrimenti la batteria è da sostituire. 



A lato del bocchettone dell’ottica, sul lato destro (guardando l’apparecchio frontalmente) è presente il perno per l’anteprima della profondità di campo, che funziona unicamente quando l’ottica non è impostata in automatismo: spingendolo fino alla posizione di blocco l’obiettivo chiuderà il diaframma all’apertura selezionata; sbloccandolo, il perno ritornerà nella posizione iniziale, aprendo il diaframma alla massima apertura.
Al di sopra del suddetto perno è presente un pulsante di colore nero, che serve ad attivare la lettura esposimetrica: svolge la stessa funzione della pressione a metà corsa del pulsante di scatto e forse non lo si andrà mai ad utilizzare.
Al di sopra di questo pulsante ve n’è un altro, più piccolo e di color argento, che permette di sovraesporre la scena di 1 stop e 1/2 rispetto alla misurazione dell’esposimetro. È un sistema piuttosto basico per compensare l’esposizione, ma si rende necessario quando la macchina viene usata in automatismo nelle scene di controluce forte; su questa fotocamera non è presente una ghiera dedicata alla compensazione e l’unica possibile alternativa sarebbe quella di variare la sensibilità dell’esposimetro, operazione, come si è visto, piuttosto scomoda.
Sul corpo macchina è del tutto assente un selettore per passare dalla modalità programmata a quella manuale: infatti l’attivazione dell’automatismo si fa dall’ottica, posizionando il diaframma in corrispondenza del relativo simbolo (solitamente una “o” o una “A” sulle ottiche originali Canon FD).
La sincronizzazione col flash avviene fino alla velocità di 1/60 di secondo, denotando i limiti dell’apparecchio. È presente sia la scarpa a contatto caldo, per i flash compatibili, che la presa PC sync sulla calotta superiore. La Canon AE1 è quindi compatibile con tutti i flash universali, ma quando si utilizzano alcuni specifici dispositivi Canon si hanno dei vantaggi, che vedremo nella prossima sezione. 



SISTEMA


Il sistema di ottiche Canon FD, inaugurato nel 1971, era già completo di ogni sorta di obiettivo al momento dell’uscita in commercio della Canon AE1, comprendendo ottiche dall’ultragrandangolare al supertele. Non mancavano gli obiettivi specialistici, come fisheye, macro e tilt-shift. Negli anni successivi il sistema andrà incontro a una modifica importante, con l’abbandono dell’innesto ad anello e l’introduzione di una baionetta standard; tuttavia la compatibilità con le ottiche e gli apparecchi più datati verrà mantenuta in ogni aspetto; per la verità, tutte le fotocamere FD possono anche montare le ottiche dei precedenti sistemi FL e R (Canonmatic), con la limitazione di dover fare la lettura esposimetrica in stop down.
 


Con l’introduzione della Canon AE1 vennero creati degli specifici accessori, compatibili poi con tutte le successive macchine della serie “A”: uno dei più conosciuti e caratteristici è il Power Winder A: si tratta di un motore da applicare alla base dell’apparecchio, che permette l’avanzamento automatico della pellicola. Per i tempi di scatto più veloci, a partire da 1/60 di secondo, consente lo scatto continuo a un ritmo di 2 fotogrammi al secondo. Svolge anche la funzione di migliorare l’impugnatura quando si usa la macchina in verticale.
Vi è inoltre la possibilità di sostituire il dorso con un dotato di datario, il Data Back A, per imprimere sulle foto la data selezionata; questa opzione al giorno d’oggi può sembrare poco utile ma all’epoca era l’unico modo di stabilire con relativa certezza quando una foto fosse stata scattata (a patto che il datario fosse stato regolato correttamente). Infatti, la possibilità di imprimere la data sulle foto diventerà una funzione standard di molti apparecchi elettronici successivi.
Un altro accessorio, decisamente più utile per l’utilizzatore contemporaneo, è il visore angolare Canon Angle Finder A, una sorta di periscopio da montare sull’oculare del mirino, permettendo la visione ad angolo retto, sia con la macchina in orizzontale che in verticale. È utile soprattutto per le riprese dal basso, magari montando la macchina sul treppiede vicino al terreno.
Infine i flash: Canon realizzò due modelli, Speedlite 155A e 199A, in ordine di potenza. Questi dispositivi utilizzano i contatti presenti sulla scarpa della macchina per comunicare col circuito della stessa, regolando automaticamente il tempo di scatto su 1/60 di secondo (non è quindi necessario cambiare le impostazioni sulla ghiera dei tempi); inoltre, se l’apparecchio è impostato in automatismo, il diaframma scelto al momento di scattare sarà determinato in base al regolatore del flash. 


LINK al manuale della fotocamera (buktus.org)



CONCLUSIONI


Attualmente, molti fotografi analogici tendono a snobbare le fotocamere elettroniche a favore di quelle meccaniche per un serio motivo: l’affidabilità. Col passare del tempo gli strumenti elettronici tendono a guastarsi o a non funzionare correttamente, e ripararli non è sempre possibile. Bisogna dire però che le macchine come la AE1 sono dotate di un’elettronica piuttosto basica, primitiva sotto certi aspetti (in particolare l’automatismo che non è in grado di rilevare il tipo di obiettivo montato) ma, nello stesso tempo, più affidabile rispetto a quella degli apparecchi successivi; infatti, non è difficile trovare una Canon AE1 ancora perfettamente funzionante. L’unico difetto, per così dire, è il fatto che senza batterie non la si può utilizzare, problema che però è comune a tutte le fotocamere elettroniche. Per il resto l’apparecchio era pensato più per gli amatori, interessati alla modalità automatica, che per i professionisti; la possibilità di usarla anche in manuale permette certo di superare agevolmente molti dei suoi punti “critici”, come la scomoda regolazione dell’esposimetro, ma vi sono fotocamere con soluzioni più raffinate per chi intende avere il pieno controllo. Si tratta di un apparecchio dal basso valore collezionistico: ne furono prodotte un milione di esemplari in due varianti, argento e nera, quest’ultima un po’ meno frequente e più costosa. Le batterie sono ancora prodotte e facilmente reperibili nei negozi specializzati o su internet, per il resto, se trovate un esemplare a un prezzo ragionevole, potrebbe essere il vostro biglietto d’ingresso nel mondo della fotografia a pellicola.



PRO

-Buona gamma di accessori/obiettivi FD
-Batterie ancora in produzione

CONTRO

-Regolazione esposimetro scomoda
-Automatismo con limitazioni



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