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Fotografia e cinema - Il posto delle fragole (Smultronstället)

Il posto delle fragole (Smultronstället) è un film del 1957 scritto e diretto dal celeberrimo regista Ingmar Bergman.
Direttore della fotografia: Gunnar Fischer
La storia narra del professor Isak Borg, stimato medico, che deve recarsi a Lund per ricevere un prestigioso premio accademico. Durante il percorso, l’anziano professore rivive -consciamente e non- tutta la sua vita, soffermandosi sulle scelte e sugli episodi più rilevanti.

© Svensk Filmindustri


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Questo articolo è parte di una serie volta a riscoprire la fotografia nel cinema, se desiderate approfondire è presente un’introduzione esplicativa. 
 

© Svensk Filmindustri

Nella scena d’apertura notiamo subito un’inquadratura impeccabile, rigorosa. Tutto ricorda un ambiente solenne, rispettabile: i tappeti, l’arredo, e il grosso alano sdraiato. La luce contribuisce tramite una leggera sottoesposizione e un contrasto mediamente marcato.

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Primo sogno: il professore è a letto, agitato, il volto tirato esprime disagio. L’ambiente è scuro, notturno, ma una flebile luce illumina il viso, rivelando lo stato d’animo del protagonista.
 

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Durante il sogno, l’atmosfera è quasi grottesca. Il regista non rinuncia ad inquadrature simmetriche, con linee verticali impeccabili. Risulta evidente la sovraesposizione, per sottolineare l’ambientazione surreale.


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Inizia il viaggio, e ancora emerge il grande classicismo della tecnica di Bergman: un paesaggio con “curva ad S”, per regalare profondità alla scena. Il contrasto è neutro, non v’è alcuna caratterizzazione della luce, che sembra adeguarsi a quella di una giornata nuvolosa. 

 

© Svensk Filmindustri

All’interno dell’auto l’atmosfera è piuttosto cupa, ma una luce intensa illumina i due protagonisti, soprattutto Marianne. Dentro la vettura le emozioni vengono a galla, così come alcune confidenze importanti.


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La prima visione: Sara e Sigfrid siedono sul prato, tra loro due c’è una forte alchimia. La scena risulta radiosa, la luce è uniforme, brillante; Tutto intorno risplende di vita, in un fiorire di erba e arbusti rigogliosi.

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La visione continua con la scena di famiglia all’interno del cottage: tutto è più che mai bucolico, in un contesto ancora più luminoso dell’inquadratura precedente. Il candore dei vestiti e una luce uniforme, con scarso contrasto, contribuiscono a queste sensazioni.


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Il pranzo al lago: la scena è gioiosa, molto conviviale. L’atmosfera è serena, una chitarra suona. Il contrasto è neutro, non c’è una caratterizzazione particolare.
Tuttavia si nota come le donne siano i personaggi più in risalto, aiutate dalle vesti più candide; persino il professore, che troneggia a capotavola, non è la figura dominante dell’inquadratura. Un grosso vaso di fiori, pieno di luce, risalta sullo sfondo.

 

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La visita alla madre: una scena molto cupa, che tramette severità. Da notare i volti tirati degli anziani, quasi a contrastare la presenza di Marianne, la quale invece è serena e cordiale.
L’illuminazione è molto complessa: ci sono più fonti di luce, provenienti da diverse direzioni, che caratterizzano fortemente il fotogramma. Il personaggio più scuro è il professore, un aspetto sottolineato anche dal vestiario. La madre è avvolta da una flebile luce, come se lo scialle che indossa cercasse disperatamente la vita. Tra tutti, come accennato prima, spicca Marianne: ella è perlopiù scura, ma dentro è viva, luminosa come il suo volto e la sua camicia.
Da notare che ci sono alcuni elementi a sé stanti che aggiungono movimento alla scena, staccandosi dal contesto. Un pizzo appoggiato alla sedia sul centro sinistra e un quadro che mostra il ritratto severo di un uomo, forse un antenato della madre, sul centro destra. Su tutto però spiccano un piccolo quadro ovale sul fondo sinistro, e il quaderno aperto sulla scrivania. Tutto questo bilancia la scena con una perfezione notevole, quasi maniacale.


© Svensk Filmindustri

Il secondo sogno: l’atmosfera qui è molto surreale, il fotogramma dice tutto. Persino Sara è poco luminosa, il grigiore che l’attanaglia è confermato dall’espressione apatica. Una flebile luce dalla sinistra colpisce i due personaggi, quel tanto che basta da evidenziarne i profili ed esaltare il volto del professore nello specchio.
Alle loro spalle giace un ramo secco, morto, nero come la notte.


© Svensk Filmindustri

Sempre durante il secondo sogno, questo fotogramma si mostra in tutta la sua potenza: l’atmosfera è estremamente cupa, e nemmeno la figura di una madre che solleva il neonato dalla culla riesce a farla emergere dalle tenebre. Tuttalpiù, l’unica luce degna di nota è proprio quella che cade sul bambino, del quale non si vede il volto. Alle spalle, ancora dei rami secchi, neri; il cielo è plumbeo.

 

© Svensk Filmindustri
 
Ultima scena del secondo sogno: il professore, oppresso dai ricordi, china il capo dinnanzi alla vita. La luce è ormai divorata dall’oscurità.


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La discussione tra Evald e Marianne: i due personaggi sono sotto una pioggia incessante. Tutto è avvolto dal grigio, quasi senza contrasto. In un contesto così cinereo spicca, ancora, un tronco secco in secondo piano.

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La cerimonia: tutto è solenne, dagli abiti al contesto sacro della chiesa. Un forte contrasto enfatizza l’importanza dell’avvenimento.

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La seconda visione: il professore e Sara camminano mano nella mano, raggianti. A differenza della prima non è tutto candido. La scena, pur rimanendo confinata nella mente del protagonista, appare più che reale. La luce è quella di una bella giornata serena, col sole che accarezza i volti delle persone.


CONCLUSIONI

Come avrete intuito dalle analisi precedenti, “Il posto delle fragole” è un film monumentale, ricco di simbolismi e pieno di metafore sulla vita, tema caro al regista svedese (ricordo che è anche lo sceneggiatore della pellicola).
La trama è molto intensa ma si concede anche momenti di leggerezza, per una durata di appena un’ora e mezza. Ne consiglio a tutti la visione, mettendo da parte eventuali pregiudizi; il tempo dedicato ad un capolavoro simile, a prescindere dai vostri gusti, non può che aprirvi la mente e mostrarvi cosa sia la vera arte cinematografica.


Un saluto e al prossimo episodio!


Paolo Marucco @135landscape


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