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L'inganno del "bel tempo che fu"

Ciao a tutti,
chi di voi è nato (come il sottoscritto) a cavallo fra gli anni ’70 e ’80, ha avuto il privilegio di assistere alla transizione verso l’era digitale. Aver visto il prima e il dopo ha sicuramente influito sulla nostra considerazione nei confronti, ad esempio, degli oggetti dell’epoca predigitale: per quanto possano affascinarci, non li vedremo mai con lo stupore che provano per essi i nativi digitali, per i quali sono cose mitologiche di un’epoca distante. Noi di quegli stessi oggetti abbiamo un ricordo più familiare e ci risultano molto meno strani.
Il passaggio all’era informatica non è certo stato l’unico evento a cui abbiamo assistito. Come ogni generazione abbiamo visto grandi cambiamenti sociali e politici, abbiamo vissuto le nostre vite personali e affrontato le nostre esperienze. In tutto questo lasso di tempo c’è stato ovviamente anche il contorno: fenomeni di costume, mode di breve durata e così via.

Le generazioni come la mia hanno avuto insomma un’esperienza di vita ampia e variegata. Eppure, osservando certi fenomeni, mi viene il dubbio che l’esperienza non porti necessariamente un valore in termini formativi. Mi spiego meglio: frequentando i social, in particolare Facebook, che dalle generazioni più recenti viene visto come “il social dei vecchi”, mi capita di vedere post dove si rimpiangono gli anni passati e si ricordano con nostalgia le abitudini e gli oggetti di quei tempi. Sono messaggi prevalentemente diretti a chi ha vissuto quegli anni, e lo dimostra il fatto che vengono commentati soprattutto da gente “vintage”. Non mancano però i commenti da parte di chi quell’epoca non l’ha vista, ma è nato dopo e quegli anni gli sono stati raccontati in termini assolutamente positivi.

Andiamo con ordine, mostrando qualcuno dei post ai quali mi riferisco:

 


Testo:
“Eravamo noi…
Eravamo gli adolescenti e i ragazzi degli anni ’70 e ’80. Eravamo quelli che uscivano in motorino d’inverno senza casco perché non era obbligatorio e con i capelli bagnati e arrivavamo a casa con le stalattiti di ghiaccio in testa.
Eravamo quelli che avevano il Dyane 6 e la Renault 4
Eravamo quelli che si incontravano al “solito posto” perché nessuno aveva soldi per entrare al bar… quelli che andavano minimo in due in motorino dopo aver messo insieme le monete per fare miscela.
Eravamo quelli che la cosa più importante era trovarsi per la voglia di stare in compagnia… quelli che si scambiavano i dischi preferiti dei Deep Purple Led Zeppelin Black Sabbath Pink Floyd ecc… quelli che durante le vacanze estive si cercavano un lavoretto per non chiedere soldi ai genitori.
Eravamo quelli dell’autostop per sentirsi liberi.
Eravamo gli sciami di ragazzi allegri e spensierati come oggi non se ne vedono più in giro.
Eravamo quelli che “O tutti o nessuno”
Eravamo quelli che ci bastava poco per essere felici. Certo, erano altri tempi, ma chi li ha vissuti non li dimenticherà mai.”
 
Come potete leggere, il tono del messaggio è improntato a glorificare l’epoca passata come un qualcosa di mitico, citando tutte le cose fantastiche che c’erano: la musica, l’amicizia ecc.
Vi starete chiedendo: cosa c’entra tutto questo con la fotografia? Adesso ci arriviamo. Il post è corredato da una foto che richiama alcuni aspetti dell’epoca. Ovviamente, si tratta di un’immagine che rafforza il concetto: un gruppo di ragazzi con i capelli lunghi, come si usava all’epoca, a cavalcioni di una sgangherata utilitaria. Anche qui ci troviamo di fronte al complicato rapporto che la fotografia ha con la realtà. Una foto ricordo, fatta in un momento di spensieratezza, eretta tramite questo post a icona di un’epoca! Questi post, corredati spesso da lunghe didascalie, sembrano innocui alla maggior parte dei lettori che, probabilmente, ricordano con affetto e nostalgia gli anni della loro gioventù; la nostalgia ci porta però a essere emotivi, e quindi, vulnerabili.
 
Se questi messaggi premono sulla nostra emotività, le foto che li accompagnano svolgono un ruolo fondamentale: del resto un’immagine impiega meno tempo di un testo a crearci una sensazione. I soggetti proposti rafforzano l’idea che il tempo passato fosse un’epoca migliore, più spensierata, popolata solo da allegre bande di giovani animate da valori di amicizia fraterna… Tutto ciò porta a rimpiangere quell’epoca se l’abbiamo vissuta e ci riconosciamo almeno in parte in quanto viene detto, oppure se siamo i giovani contemporanei ai quali quell’epoca è stata raccontata come un’era mitologica. Sull’onda dell’emotività, ricordiamo con affetto tutte le cose che sono passate: i gruppi di amici che non vediamo più, le auto sgangherate e la più bella musica mai prodotta… Ci si concentra insomma su alcuni aspetti per estendere il ricordo positivo a tutta un’epoca nel suo complesso, ma questo è un chiaro segno che la nostra razionalità non ha funzionato. Consideriamo ad esempio la musica: io personalmente amo molto la musica pop anni ’80, perché era quella che passava in radio quando ero bambino. Ma davvero gli anni ’80 possono ridursi solo a questo? A vederli nella loro interezza, mi ricordo anche dei problemi che imperversavano: la tossicodipendenza, l’inquinamento e, da ultimo ma forse più importante di tutti, certe cattive abitudini che all’epoca erano consuetudine.

Questi post, considerati razionalmente, non sono altro che l’ennesima riedizione di un concetto che accompagna da sempre l’umanità, presente in tutte le culture: il mito dell’età dell’oro. Un mito fasullo, che ha accompagnato tanto il pensiero tradizionalista che quello di molti riformatori sociali animati da idee, almeno in teoria, progressiste. Un mito che ci influenza tutti quando scorriamo una galleria di foto d’epoca, non importa di quale epoca. Un mito che viene quasi sempre sfruttato in chiave pratica, e difatti, accanto a post come quello appena visto, sostanzialmente innocuo, ne troviamo altri: 
 

Testo: 

Per farmi comprare un'auto elettrica non mi devi obbligare, mi devi convincere.
Deve costare come le altre, avere un'autonomia reale di mille Km e impiegare cinque minuti per fare il pieno di energia.
Deve farmi viaggiare tranquillo con la possibilità di ricaricare le batterie in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento senza tenere gli ansiolitici in tasca.
Deve poter essere imbarcata in ogni traghetto come deve poter sostare nei parcheggi sotterranei e nei condomini.
Deve essere semplice da riparare in caso di guasto o incidente da ogni meccanico o carrozziere.
Deve anche avere una linea gradevole e non un anonimo contenitore di pile.
Non tirare fuori la coglioneria dell'inquinamento perché ti rispondo subito che basta un solo aereo o una sola nave per eguagliare migliaia e migliaia di auto con motore termico.
Sembra che finora non riesci a soddisfare queste richieste e allora io continuerò a scorazzare con la mia vecchia e gloriosa auto a benzina o diesel...
 
Ecco che il rimpianto dei tempi passati e delle belle macchine di un tempo diventa il punto di partenza per criticare le attuali politiche di riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Si tratta quindi di uno scopo che in effetti è politico-sociale: il messaggio è quello di una preferenza per una minor attenzione all’ambiente (la “coglioneria” dell’inquinamento) in cambio di costi più bassi delle auto e di tutto quello che gira attorno al settore. L’immagine di una coppia felice che scorrazza su una berlina d’epoca va a condire il tutto, facendo perdere di vista le incongruenze del testo con la realtà.  

Testo:

SIETE VOI CHE AVETE INIZIATO A METTERE I PALETTI :

La nostra generazione era tollerante.
E non lo sapeva.
Vi siete inventati il fluid gender e di conseguenza, l’omofobia.
Io vengo dalla generazione che ascoltava e amava David Bowie e Lou Reed, e non si è mai posta il problema di che preferenze sessuali avessero.
Fregava niente, anzi, contenti loro e in qualche caso beati loro.
Elton John, Freddie Mercury, George Michael.
Siamo anche la generazione che amava i Led Zeppelin, i Deep Purple, Neil Young, gli Eagles…
Senza porsi il problema dei testi che oggi sarebbero giudicati sessisti.
Quando arrivò Boy George non ci chiedemmo se gli piacesse il maschio, la femmina o tutti e due.
Ci godemmo semplicemente la sua musica e quando Jimmy Somerville ci raccontò la sua storia di ragazzo di una piccola città, ci commuovemmo e cantammo insieme a lui. Non c’erano leggi a costringerci a essere solidali o quantomeno partecipi.
Non c’erano minacciose commissioni o attenti guardiani a censurarci se ci usciva una battuta.
C’era Alyson Moyet, allora decisamente oversize, ma bellissima e bravissima, e nessuno pensava valesse meno di una Claudia Schiffer…Anzi.
Vorrei capire che è successo nel frattempo, perché tutti questi censori hanno l’unico effetto di creare quello che censurano.
Secondo me eravamo tanto più avanti senza imposizioni, perché le imposizioni si sa, spesso generano l’effetto contrario.”
Gisella Ambrogetti
 

Accanto a una foto che ritrae tre idoli della musica anni’80, dei quali era nota la sessualità, divenuti simbolo della libertà di espressione, troviamo un testo contraddittorio, dove si vuole contrapporre la “tolleranza” del tempo passato all’epoca attuale in cui “minacciose commissioni e guardiani” mettono paletti e sono pronti a intervenire alla prima offesa contro la sessualità o l’aspetto di qualcuno. Insomma, ce la si prende contro il “politicamente corretto”. Eh già, ma sotto questa etichetta viene definito qualunque atteggiamento volto al rispetto per gli altri, a garanzia della loro libertà di espressione; l’autore del post sembra quindi solidarizzare con quei leoni da tastiera che ritengono di poter insultare chiunque riparandosi dietro frasi come “appartengo alla stessa generazione di Freddie Mercury”, come se questa fosse una patente di tolleranza o una licenza per poter offendere liberamente. E se qualcuno protesta e fa valere i propri diritti, allora siamo proprio in dittatura: non si può più dire niente!
 

Vediamo ora un post più estremo:



Testo:

Come ca**o ha fatto mio padre, operaio, a mantenere una famiglia con 7 figli, andare in vacanza ogni anno per 1 mese, ca**o 1 mese, mandare 5 figli all'università, senza mai chiedere niente a nessuno?
Nel 1985, mio padre guadagnava circa 750.000 lire, la benzina costava 1.200 lire, il tram 500 lire, 1 giornale 650 lire, il pane 1.200 lire, 1 caffè 400 lire, il latte 700 lire, 1 litro di vino 900 lire, l'oro andava a 11.000 lire (ecco perché mio padre aveva una valanga di oro, con 750.000 lire poteva comprare 70 grammi di oro, oggi 70 grammi di oro costano 5.460 euro, avete capito bene ca**o).
Mio padre prendeva una barca di lire di assegni familiari, quasi alla pari dello stipendio per 7 figli.
Aveva una Fiat 127, pagata poco più di 2 milioni, ossia meno di 3 stipendi (oggi una macchina Fiat costa sui 18.000 euro, ossia, 12 stipendi di un operaio.)
Una vita straordinaria! Con uno stipendio da operaio è riuscito nella mastodontica impresa di:
Comprare casa (senza garante)
Comprare casa al mare (senza garante)
Mandare 7 figli a scuola, 5 all'università, 4 laureati, 3 diplomati.
Sposare 7 figli (senza l'aiuto di nessuno)
Comprato 5 auto nuove, 3 ciclomotori, 1 moto e 4 biciclette.
E c'è qualche imb@cille, che osa dire che oggi viviamo nel benessere.
MA ANDATE A FARE IN C#LO.
Manco una vacanza di una settimana riescono a fare gli italiani…
Meditazione
Un paese STRA FALLITO!
E sti gran ca**i non ce lo mettiamo?

Dal web
 

Al di là delle espressioni colorite autocensurate tramite asterischi e puntini (non sono stato io a metterli ma ho copiato meramente il testo), qui si parla veramente dei tempi passati come se fossero la mitica età dell’oro, un tempo di abbondanza senza limiti. Sarà stato davvero così?
Vi invito a ricordare se i vostri genitori, quando voi eravate bambini, godevano di tanto benessere. Se è così, sappiate che siete stati molto fortunati, perché per altri vostri coetanei la situazione non era tanto idilliaca.
Se i vostri genitori stavano così bene economicamente da permettersi di investire in oro e immobili (vi ricordo che fino a pochi decenni fa la maggior parte degli abitanti nelle grandi città viveva in affitto), non stupisce che possano aver fatto studiare tutta la loro numerosa prole fino alla laurea e l’abbiamo dotata di mezzi a motore. È ovvio che la famiglia di cui si parla nel post non era una di quelle “nella media”, e il riferimento al “padre operaio” è una forzatura già solo accostandolo al fatto che aveva una “valanga d’oro”. Ma tant’è…
L’unica cosa nella media in questo post è la foto, molto più tranquillizzante rispetto al tono ossessivo del testo. E’ un’immagine che alla maggior parte di noi ricorda le vacanze estive della nostra infanzia: file interminabili ai caselli, sotto la calura, per andare tutti più o meno negli stessi posti di villeggiatura, affollatissimi. Al giorno d’oggi una cosa del genere la si potrebbe considerare una tortura, eppure all’epoca era normale routine vacanziera e ci si adattava, tanto che ognuno di noi ne serba un bel ricordo. E lo scopo di questa foto è proprio di incentrare l’attenzione su quanto bello fosse il passato, aiutando a far passare il messaggio, esagerato, della didascalia.

In tutti i post che abbiamo esaminato, le foto svolgono un ruolo importante, dando maggior forza a testi che spesso sono già contraddittori al loro interno. Mi verrebbe da azzardare che guardando le immagini, il lettore finisce magari per concentrarsi di più sugli aspetti che condivide, tralasciando il resto. Difficile dirlo con certezza, perché questo effetto può variare tra un post e l’altro, però la mia impressione è proprio questa; è chiaro invece che molti di questi post hanno uno scopo, più o meno dichiarato. Se per alcuni è quello di aizzare la polemica, nella maggior parte dei casi si può ipotizzare che l’obiettivo sia semplicemente quello di attrarre visualizzazioni, commenti ed essere condivisi da altri utenti. E bisogna ammettere che ci riescono bene.
La moneta più apprezzata attualmente non è una criptovaluta, bensì la visibilità. Grazie a quella si riesce a ottenere supporto economico da aziende ed enti interessati a far passare la propria pubblicità su un canale particolarmente frequentato. Il concetto è il medesimo alla base della programmazione televisiva, dove l’audience decreta il successo o la fine di determinate trasmissioni. Quelle più seguite permettono di ottenere buoni guadagni grazie alle sponsorizzazioni.

Voglio lasciarvi con una riflessione: quante volte avete postato una vostra foto su una pagina social, o su un forum, magari corredandola di didascalia, con l’intento di gettare in pasto agli altri una vostra idea o di ottenere meramente delle visualizzazioni, dei “mi piace”?
Pensate che ne sia valsa la pena?
Vi invito a commentare l’articolo con le vostre opinioni, sono curioso di sapere cosa ne pensate.

A presto!

Alessandro "Prof BC" Agrati @agratialessandro


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