Passa ai contenuti principali

La bellezza può essere universale?

 

Ciao a tutti,

in questo articolo parleremo del rapporto che intercorre tra le arti figurative (quindi anche la fotografia) e il concetto del “bello”. In parole povere, ci interrogheremo su una questione vecchia quanto il mondo: può un’opera d’arte essere considerata da tutti come esempio di bellezza? 

Spesso il gradimento di un lavoro artistico appare come un qualcosa di decisamente soggettivo. Se pensiamo all’arte contemporanea, che richiede la conoscenza di tutto il percorso formativo compiuto dall’artista per poter essere compresa, è evidente che non tutti saranno in grado di valutarne la bellezza. Commenti del tipo “Queste cose io non le capisco” o peggio “A me sembra solo un cubo giallo” sono all’ordine del giorno. Eppure queste opere vengono esposte nei musei, pertanto esiste qualcuno che attribuisce loro una valenza estetica.

Esistono tuttavia opere d’arte che mettono d’accordo buona parte di chi le osserva; difficilmente incontreremo detrattori dei dipinti di Leonardo, Michelangelo o degli altri grandi artisti del Rinascimento. 

Parlando di fotografia, trovare qualcosa che incontri un’approvazione così generalizzata è più difficile. Vi sono però delle tipologie di foto che godono di maggiore visibilità; per esempio quei fantastici paesaggi naturali, privi di turisti e ripresi in condizioni di luce perfetta, che vengono utilizzati nel promuovere località da visitare. Oppure i ritratti di cui si serve la pubblicità dei prodotti cosmetici, che mostrano visi privi di ombre, dalla pelle perfettamente liscia. 

Fotografie del genere, pur non riscontrando un’approvazione generalizzata (soprattutto tra i fotografi vi è chi le critica), possono agevolmente raggiungere migliaia di like quando vengono pubblicate sui social. Per quanto possano non piacere a tutti, sono un genere di scatti così ampiamente diffuso dai media da pesare sul nostro modo di “vedere” le cose e le persone.

La questione estetica, secondo alcuni, è talmente semplice da poter essere risolta tramite un calcolo matematico; qualcosa (o qualcuno) può essere definito bello quando la maggioranza delle persone che osserva lo ritiene tale. Da un certo punto di vista, questo approccio alla questione ha un lato positivo, in quanto si basa sul metodo democratico. Ognuno sceglie in base alle sue preferenze e, tramite un conteggio, si arriva alla conclusione. 

In teoria, dovrebbe essere un metodo infallibile, perché la matematica non è un’opinione. Se qualcosa ottiene l’approvazione di quasi tutti, allora siamo di fronte al “bello” universale. Questo approccio è sostenuto in numerosi siti internet, riviste di genere e altre pubblicazioni, soprattutto di carattere commerciale (spesso relative a prodotti di bellezza o a cliniche di chirurgia estetica). 

Ma siamo davvero sicuri che basti questo per individuare qualcosa di sfuggente come la bellezza?

Nel corso dei secoli, per definire tale concetto si sono scomodati pensatori e filosofi, da Aristotele a Kant fino ad arrivare, in tempi più recenti, a Umberto Eco. Ognuno con la sua idea; E’ difficile credere che tutta questa gente abbia sprecato il suo tempo, quando sarebbe stato sufficiente fare due conti per avere la soluzione...

A mio parere, nel “metodo della maggioranza” il concetto di bellezza oggettiva appare tanto chiaro perché si semplifica di molto la questione, dando per scontato che il giudizio di ciascuno sia indipendente da quello degli altri. Bisognerebbe infatti porsi prima questa domanda: cosa ci spinge a decidere che qualcosa ci piace (o non ci piace)?

Se il nostro sguardo fosse “vergine” dei confronti di un’opera d’arte, una persona o qualunque altra cosa, decideremmo se ci piace o meno nello stesso istante in cui questa ci venisse mostrata. 

Nessuno però è dotato di uno sguardo così puro e privo di condizionamenti!

Tutti riceviamo, nel corso della vita, una sorta di “educazione al bello”. Non certo quella di cui parlano i critici d’arte, ma qualcosa di molto più immediato, che illustrerò con un esempio: chi di voi maschietti, a scuola, non ha deciso quale fra le compagne di classe fosse la più bella, facendosi condizionare dall’opinione degli altri ragazzi? Chi di voi femminucce non ha fatto lo stesso nel decidere chi fosse il più bello della classe? 

Vi sono molti casi in cui, se ci viene chiesto il nostro parere sulla bellezza di qualcosa (o di qualcuno) siamo titubanti; magari rispondiamo che si, è bello/a ma non ci dice granché. In altri termini, pur non piacendoci, sappiamo bene che dicendo “Non mi piace” in modo netto, andremmo a sfidare quella che sembra essere l’opinione prevalente. Allora facciamo finta che ci piace, rafforzando ancor di più una falsa maggioranza; non sia mai che ci piaccia una ragazza che i compagni di classe considerano “brutta”...

Il condizionamento che subiamo a causa delle opinioni altrui è ben conosciuto da chi si occupa di pubblicità; infatti nelle campagne commerciali si utilizzano quasi sempre immagini di soggetti con un certo indice di gradimento. Difficilmente dalla pubblicità nasceranno nuovi gusti estetici, tuttavia la stessa sarà sempre pronta a individuarli, quando si affermano, per poterne fare buon uso. 

Da questo discorso appare chiaro che è vero, siamo noi a decidere cosa ci piace o meno, tuttavia nella nostra scelta pesano dei condizionamenti. La fama, l’apprezzamento da parte di amici o conoscenti, la diffusione effettuata dalla pubblicità o semplicemente la nostra paura di sfidare il giudizio altrui; tutto contribuisce a spingere il nostro inconscio a decidere che una certa cosa (o persona) è bella.

E’ interessante notare che, nonostante la posizione di vantaggio dei canoni estetici già affermati, ne continuano a emergere sempre di nuovi. Evidentemente non tutti sono privi di coraggio e, se ogni epoca ha il suo gusto estetico “di massa”, non mancano mai quelli che lo contestano, portando avanti la propria visione. 

Tornando a parlare di opere d’arte, pensiamo agli impressionisti, che godettero di grande fama verso la fine del XIX secolo; prima che i loro dipinti fossero acquistati da facoltosi collezionisti, Monet, Pisarro, Degas e soci erano considerati poco più che degli “imbrattatele”. Questa situazione, nel mondo dell’arte, tende a ripetersi continuamente; agli inizi del secolo successivo, quando l’estetica impressionista era affermata e consolidata, a essere considerati stravaganti erano i nuovi movimenti artistici, come il cubismo.  

Il tempo svolge un ruolo importante nel nobilitare (o far decadere) i canoni estetici; più un’opera d’arte è antica, maggiore infatti è la sua possibilità di esercitare la sua influenza su generazioni di appassionati, critici d’arte o semplici osservatori. D’altra parte, più passa il tempo, maggiori sono le pretese; difficilmente si otterrà il favore della critica odierna riproponendo lo stile degli antichi Egizi. 

La fotografia è un’arte più recente rispetto alla pittura. Questo però non le ha impedito di introdurre nuovi canoni estetici; per secoli i pittori hanno studiato l’effetto delle ombre sui volti, al fine di dare vita ai loro ritratti. Nei dipinti di paesaggio si sono dilungati nel modo di disporre le figure umane per animarli e renderli più “vivi”. Attualmente invece, tra le foto più diffuse, troviamo volti senza ombre e paesaggi privi della presenza umana. Si tratta del canone estetico prevalente, quello che ritiene bello tutto ciò che è irreale (o quasi). Vi sono, è vero, coloro che ritengono sbagliato proporre modelli estetici irraggiungibili, pertanto cercano di valorizzare i volti di persone che non rientrano nel canone affermato, a causa di difetti fisici o segni dell’età. Nella paesaggistica però, un comportamento di rottura sembra ancora lontano.

Non è solo il tempo a dare forza ai canoni estetici; anche il tipo di cultura entro la quale ci siamo formati ha la sua influenza. Quello che appare la norma per noi, non è altrettanto per chi arriva dall’altro capo del mondo, che potrebbe vederlo come qualcosa di eccezionale. La convinzione che un certo concetto di estetica possa essere universale deriva proprio da un aspetto culturale. Ho già fatto l’esempio delle opere del Rinascimento, che sono apprezzate quasi ovunque; anche in culture diverse da quella europea, per esempio in Giappone, tali opere vengono ugualmente considerate esempi di bellezza. Eppure le opere d’arte giapponesi di secoli fa non sono molto conosciute dalle nostre parti! Siamo stati solo noi europei ad aver elaborato canoni di bellezza validi per tutti? O non è forse l’influenza culturale esercitata dai paesi europei per alcuni secoli in tutto il globo a pesare sul gusto estetico di culture differenti?

Per le ragioni di cui si è parlato, appare quindi difficile affermare che qualcosa è universalmente bello. Non dico che questo sia del tutto impossibile, ma l’oggettività di una tale affermazione resta labile, determinata dai canoni estetici dell’epoca e della cultura in cui viviamo. Normalmente i criteri oggettivi sono assoluti, mentre qui siamo di fronte a qualcosa di decisamente relativo.

Vorrei chiudere questa riflessione con quello che mi sembra uno spunto interessante; posto che esprimere giudizi genuini sulla bellezza, privi di qualunque condizionamento, è sempre stato difficile (o impossibile), bisogna convenire che nell’epoca odierna lo è ancora di più. Infatti, attraverso internet e i social network, siamo letteralmente bombardati da immagini che ci possono influenzare. Ma la pervasività di questi media, che riescono a inserirsi in molti aspetti della nostra vita, è tale da lasciarci ben poco controllo su quello che viene proposto. Possiamo quindi vedere, ed essere influenzati, anche da quelle immagini che normalmente cercheremmo di evitare.

E voi, cosa ne pensate al riguardo?

A presto!
Alessandro "Prof. BC" Agrati  @agratialessandro


>> Link elenco Reflexioni <<


Commenti

Gli articoli più letti

Vintage Digitale – Olympus XZ-1

In questo episodio parliamo della Olympus XZ-1, una compatta del 2011. Fa parte della nota serie “XZ”, ovvero le compatte premium (a dimensioni contenute) della casa. Questo articolo fa parte di un progetto volto a riscoprire la fotografia CCD, se desiderate approfondire è presente  un’introduzione  esplicativa.    SCHEDA TECNICA: Sensore: 1/1.63” CCD (8.07 x 5.56 mm) Megapixel: 10 (3648x2736 pixel) Formato immagine: 4:3 Escursione focale: 28–112 mm (equivalente 35mm) Apertura massima: F 1.8-2.5 Stabilizzazione ottica: Sì Tempi di scatto: 60 S - 1/1200 S Gamma ISO: 100-6400 Presenza controlli PASM: Sì Formato RAW: Sì Distanza minima messa a fuoco: 1 cm Dimensioni schermo: 3 pollici Risoluzione schermo: 614.000 dots Schede di memoria compatibili: SD/SDHC/SDXC Dimensioni: 111 x 65 x 42 mm Peso: 275 g Batterie: al litio L’esperimento di questa puntata si concentra su di una compatta premium, con un sensore più grande della media per le fotocamere dell...

7Artisans 50mm F 1.8 AF - Recensione

QUALITA’ COSTRUTTIVA ll 7Artisans 50mm F 1.8 a primo impatto presenta una costruzione solida, interamente di metallo. Di questo materiale infatti sono costituiti il corpo principale, la filettatura dei filtri e le ghiere. L’obiettivo risulta solido e ben assemblato, con giochi minimi; assenti viti a vista. Analizzando tuttavia i dettagli emergono dei punti deboli. Innanzitutto quando si aziona la ghiera dei diaframmi si avverte un leggero rumore; niente di grave, ma la sensazione di qualità viene meno. L’aspetto più critico riguarda il tasto selettore della modalità AF/MF: questo risulta costituito da una plastica scadente, poco piacevole al tatto. Il vero guaio è che risulta assemblato male, per cui si aziona come niente; basta sfiorarlo per cambiare involontariamente la modalità di messa a fuoco. Un dettaglio inaccettabile che rovina l’insieme, contrastante con la solidità generale dell’obiettivo. E’ presente la porta usb-c sul lato dell’innesto per gli aggiornamenti firmware. ER...

Fotografia e cinema - Il posto delle fragole (Smultronstället)

Il posto delle fragole (Smultronstället) è un film del 1957 scritto e diretto dal celeberrimo regista Ingmar Bergman . Direttore della fotografia:  Gunnar Fischer La storia narra del professor Isak Borg, stimato medico, che deve recarsi a Lund  per ricevere un prestigioso premio accademico. Durante il percorso, l’anziano professore rivive -consciamente e non- tutta la sua vita, soffermandosi sulle scelte e sugli episodi più rilevanti. © Svensk Filmindustri LINK ALLA GALLERIA DEI FOTOGRAMMI Questo articolo è parte di una serie volta a riscoprire la fotografia nel cinema, se desiderate approfondire è presente un’introduzione esplicativa.    © Svensk Filmindustri Nella scena d’apertura notiamo subito un’inquadratura impeccabile, rigorosa. Tutto ricorda un ambiente solenne, rispettabile: i tappeti, l’arredo, e il grosso alano sdraiato. La luce contribuisce tramite una leggera sottoesposizione e un contrasto mediamente marcato. © Svensk Filmindustri Primo sogno: il pr...