“L’Ikonta Racconta” è un canale YouTube che seguiamo da tempo. Fondato da Pasquale, il canale tratta di fotografia analogica e di argomenti correlati. Molto interessanti i video dove si utilizzano sul campo alcune fotocamere d'epoca, esplorando città, paesi abbandonati e altri luoghi interessanti.
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Super Ikonta 6x6 (1954), Kentmere 100 tirata a 200 iso - © L'Ikonta Racconta |
In realtà ho cominciato prestissimo ma non esattamente con la fotografia, bensì con le immagini in movimento. Avevo più o meno 5 anni quando mio padre, foto e video amatore anche lui, mise per la prima volta una videocamera sulle mie spalle (e all'epoca non erano certo le compatte attuali). La commistione di genere però era normalissima, e per me e per noi le immagini erano solo racconto e documentazione, anche di una semplice manifestazione di paese, di una sagra o di una processione. Fosse stata ripresa in fotografia oppure video non importava. Ognuna aveva il suo linguaggio, ma entrambe catturavano ricordi.
Da allora sono cresciuto imparando empiricamente i segreti dell'arte di trasmettere emozioni tramite l'immagine, affidandomi solo a quello che il mio cuore mi suggeriva essere giusto, finché dallo stesso genitore sono stato fatto partecipe all'uso della sua Yashica FX3.
Da lì è partita inconsciamente una passione che presto mi avrebbe accompagnato nella vita.
Con alti e bassi ho sempre fotografato e, con gli anni, oltre a costruirmi vari corredi che spaziano dal piccolo al medio e al grande formato, ho integrato la pratica con molto studio sia sulla teoria di tecniche, fisica della luce e materiali che sulla chimica fotografica.
Sono stati utili a tal proposito i miei studi sulla direzione di fotografia cinematografica, trait d'union tra le mie due vocazioni. Materia che ho anche praticato per un certo periodo (ed ecco la mia conoscenza anche delle pellicole cinematografiche e dei loro trattamenti)
Ho fotografato a molti livelli, dall'amatoriale al professionale, con tante attrezzature e tante collaborazioni con grandi maestri. Ma non ne ho mai voluto farne una professione. Per me la fotografia doveva rimanere una forma d'arte, scevra da condizionamenti commerciali; un modo per esprimersi ed emozionare. Prima me e poi gli altri.
Sono stato anche un pioniere della fotografia digitale quando ancora veniva snobbata ed era acerba. Ma poi l'ho praticamente del tutto abbandonata quando questa tecnologia è diventata matura e alla portata di tutti ma anche algida, ritornando alla chimica che ha una liturgia e una tangibilità unica.
Da allora sono cresciuto imparando empiricamente i segreti dell'arte di trasmettere emozioni tramite l'immagine, affidandomi solo a quello che il mio cuore mi suggeriva essere giusto, finché dallo stesso genitore sono stato fatto partecipe all'uso della sua Yashica FX3.
Da lì è partita inconsciamente una passione che presto mi avrebbe accompagnato nella vita.
Con alti e bassi ho sempre fotografato e, con gli anni, oltre a costruirmi vari corredi che spaziano dal piccolo al medio e al grande formato, ho integrato la pratica con molto studio sia sulla teoria di tecniche, fisica della luce e materiali che sulla chimica fotografica.
Sono stati utili a tal proposito i miei studi sulla direzione di fotografia cinematografica, trait d'union tra le mie due vocazioni. Materia che ho anche praticato per un certo periodo (ed ecco la mia conoscenza anche delle pellicole cinematografiche e dei loro trattamenti)
Ho fotografato a molti livelli, dall'amatoriale al professionale, con tante attrezzature e tante collaborazioni con grandi maestri. Ma non ne ho mai voluto farne una professione. Per me la fotografia doveva rimanere una forma d'arte, scevra da condizionamenti commerciali; un modo per esprimersi ed emozionare. Prima me e poi gli altri.
Sono stato anche un pioniere della fotografia digitale quando ancora veniva snobbata ed era acerba. Ma poi l'ho praticamente del tutto abbandonata quando questa tecnologia è diventata matura e alla portata di tutti ma anche algida, ritornando alla chimica che ha una liturgia e una tangibilità unica.
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Kodak Retina IIIc (1955), Rollei retro 400 - © L'Ikonta Racconta |
C’è un genere fotografico che preferisci? Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Per me la fotografia è principalmente un mezzo per condividere l'emozione che ho provato io stesso quando ho visto quella immagine materializzarsi dal vivo davanti a me. Qualunque essa sia e in qualsiasi contesto. "L'attimo decisivo" o la contemplazione di un paesaggio aspettando la luce migliore.
E mi piace raccontare per immagini i luoghi e le atmosfere che mi creano una emozione o che mi lasciano un segno, ovviamente secondo il mio punto di vista.
Il vecchio adagio sancisce che si fotografa prima col cervello e poi, con gli ausili del mezzo e delle conoscenze tecniche, quello che si è visto si deve materializzare su un supporto tangibile e condivisibile.
Per questi motivi non ho un genere che mi attira più di un altro, anche se, per le ragioni che ho enunciato, mi vedo molto più vicino alla paesaggistica e al reportage sui luoghi.
I miei autori di riferimento sono sicuramente i grandi maestri reportagisti del passato (che vanno studiati e non scimmiottati) ma anche i fotografi di grandi riviste come National Geographic, Life e compagnia, nonchè i paesaggisti antichi e moderni.
Fondamentalmente per me la fotografia è sì descrittiva ma maggiormente evocativa. È l'emozione di un istante, fermato da una lama di coltello che taglia la storia e la rende immortale.
E mi piace raccontare per immagini i luoghi e le atmosfere che mi creano una emozione o che mi lasciano un segno, ovviamente secondo il mio punto di vista.
Il vecchio adagio sancisce che si fotografa prima col cervello e poi, con gli ausili del mezzo e delle conoscenze tecniche, quello che si è visto si deve materializzare su un supporto tangibile e condivisibile.
Per questi motivi non ho un genere che mi attira più di un altro, anche se, per le ragioni che ho enunciato, mi vedo molto più vicino alla paesaggistica e al reportage sui luoghi.
I miei autori di riferimento sono sicuramente i grandi maestri reportagisti del passato (che vanno studiati e non scimmiottati) ma anche i fotografi di grandi riviste come National Geographic, Life e compagnia, nonchè i paesaggisti antichi e moderni.
Fondamentalmente per me la fotografia è sì descrittiva ma maggiormente evocativa. È l'emozione di un istante, fermato da una lama di coltello che taglia la storia e la rende immortale.
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Super Ikonta 6x4,5 (1948), Fujifilm NPH400 - © L'Ikonta Racconta |
Come nasce il canale “L’Ikonta Racconta”?
Il canale, come avete anticipato, prende il nome da una delle mie fotocamere preferite: la Ikonta, storica macchina di Zeiss.
Tutto cominciò con una di queste folding, trovata in una vetrina di un negozietto vintage in Germania. Era in ottime condizioni estetiche e funzionali, probabilmente veniva da qualche cassetto inutilizzata da anni, e in questa macchina trovai una pellicola risalente agli anni 50, semi-esposta. Completai il rullino fotografando i miei amici nei giorni successivi e, una volta a casa, la sviluppai con molta cura.
La pellicola era ovviamente decisamente malandata e velatissima, ma sopra spuntarono le immagini di una famiglia, probabilmente in gita al lago. Frammenti di una quotidianità di chissà chi, chissà dove... Ricordi lasciati lì ad appassire insieme all'emulsione in attesa che qualcuno (io) li avesse rivelati e che, probabilmente, sarebbero andati perduti se io non mi fossi innamorato di quella macchina in bella mostra.
E così mi sono detto: perché non raccontare di queste macchine e farle conoscere? E perché non farlo nel modo per loro più naturale possibile: semplicemente fotografando!
E come si fotografa con queste macchine? Uguale alle altre! L'abc è lo stesso. I tre comandi essenziali: Diaframma. otturatore e fuoco.
Se sai guidare la 500 guidi tutte le automobili, no?!
E allora andiamoci in giro, armeggiamoci, conosciamo posti, capiamone la storia e immortaliamoli dando a queste vecchiette una seconda gioventù! E la qualità dei risultati è spesso sorprendente!
Tutto cominciò con una di queste folding, trovata in una vetrina di un negozietto vintage in Germania. Era in ottime condizioni estetiche e funzionali, probabilmente veniva da qualche cassetto inutilizzata da anni, e in questa macchina trovai una pellicola risalente agli anni 50, semi-esposta. Completai il rullino fotografando i miei amici nei giorni successivi e, una volta a casa, la sviluppai con molta cura.
La pellicola era ovviamente decisamente malandata e velatissima, ma sopra spuntarono le immagini di una famiglia, probabilmente in gita al lago. Frammenti di una quotidianità di chissà chi, chissà dove... Ricordi lasciati lì ad appassire insieme all'emulsione in attesa che qualcuno (io) li avesse rivelati e che, probabilmente, sarebbero andati perduti se io non mi fossi innamorato di quella macchina in bella mostra.
E così mi sono detto: perché non raccontare di queste macchine e farle conoscere? E perché non farlo nel modo per loro più naturale possibile: semplicemente fotografando!
E come si fotografa con queste macchine? Uguale alle altre! L'abc è lo stesso. I tre comandi essenziali: Diaframma. otturatore e fuoco.
Se sai guidare la 500 guidi tutte le automobili, no?!
E allora andiamoci in giro, armeggiamoci, conosciamo posti, capiamone la storia e immortaliamoli dando a queste vecchiette una seconda gioventù! E la qualità dei risultati è spesso sorprendente!
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Super Ikonta 6x6 (1938), Kentmere 100 tirata a 200 iso - © L'Ikonta Racconta |
In che modo gestisci il tuo canale per quanto riguarda la produzione e pubblicazione dei video?
Non ho una cadenza fissa di pubblicazione, anche se la tirannia dell'algoritmo vorrebbe e premierebbe la fedeltà di una uscita stabile. Realizzare i video sui posti che visito richiede parecchie sessioni e quindi parecchio tempo. Devo infatti auto-riprendermi (spesso con diversi take perché sbaglio o mi accorgo di essere venuto senza testa). Poi devo realizzare i cosiddetti “fegatelli” (le immagini da mettere mentre parlo) sia statiche che aeree, ed eventuali overddubing audio.
Devo anche aspettare le condizioni di luce o il periodo dell'anno giusto (il castello di una strega viene decisamente meglio in inverno e con la nebbia che in estate con l'erba secca) e poi, non ultimo, devo ovviamente scattare le fotografie di cui parlo e svilupparle!
Inoltre, c'è tutta la fase di montaggio e di ricerca di immagini e documenti da inserire. Insomma... chi fa questo tipo di produzioni sa bene che da soli è molto complesso.
La mia esperienza però in campo cinematografico mi aiuta e credo si percepisca.
Devo anche aspettare le condizioni di luce o il periodo dell'anno giusto (il castello di una strega viene decisamente meglio in inverno e con la nebbia che in estate con l'erba secca) e poi, non ultimo, devo ovviamente scattare le fotografie di cui parlo e svilupparle!
Inoltre, c'è tutta la fase di montaggio e di ricerca di immagini e documenti da inserire. Insomma... chi fa questo tipo di produzioni sa bene che da soli è molto complesso.
La mia esperienza però in campo cinematografico mi aiuta e credo si percepisca.
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Super Ikonta 6x4,5 (1948), Rollei Superpan 200 - © L'Ikonta Racconta |
Abbiamo notato la tua passione per le vecchie fotocamere a soffietto, alle quali hai dedicato diversi video, nonché il nome del canale. Siamo curiosi di sapere cosa ti affascina di questa categoria di macchine. Inoltre, hai qualche consiglio per chi vorrebbe provare a utilizzarle?
Mi vanto di avere solo fotocamere a molla e dico scherzosamente che non uso macchine fotografiche antecedenti agli anni 60.
In realtà non è vero, possiedo e utilizzo macchine più moderne, e nel mio corredo ci sono reflex elettroniche e digitali... Che però sonnecchiano! La mia passione è per tutte le macchine fotografiche d'epoca. Soprattutto quelle che hanno una storia personale legata al proprietario oppure industriale, legata al loro periodo storico e alla società del loro tempo. Ovvio che quelle a soffietto, le cosiddette folding, sono quelle più appariscenti e con un fascino tutto particolare.
Il loro passato è una cosa preziosa per me; sicuramente non per i proprietari o gli eredi che spesso se ne liberano.
Sento in queste macchine qualcosa di visceralmente "sacro". Un profondo rispetto della vita dei precedenti proprietari.
E mi chiedo sempre quegli obbiettivi cosa avranno mai immortalato, quelle macchine in che mani siano finite e dove siano state, se in giro per il mondo o se non siano mai uscite dal paesino dove furono acquistate.
Avrò qualche turba psicologica.... non vi è dubbio, magari un giorno qualche terapeuta mi darà una chiave di lettura a questa mia sindrome.
Consigli da dare? Innanzitutto queste macchine soffrono di immobilità. I grassi e gli oli all’interno dopo parecchi decenni fanno bloccare i meccanismi, quindi accertatevi di trovarle funzionanti. Essendo semplici e "de ferro" sono tranquillamente riparabili. Ma bisogna capire i costi di manutenzione.
Per le folding attenzione al soffietto che è il punto debole. Prendendo una fotocamera di marchi prestigiosi la qualità dei materiali era altissima e resistono meglio alle ingiurie del tempo. Ma controllate sempre con una torcia infilata dentro se vedete luce trasudare dal soffietto; se è poca roba, un forellino, si può rimediare facilmente, più complicato se lo strappo è più severo.
Evitate quelle tenute anni sulle bancarelle dai venditori sotto il sole, che avrà cotto a puntino la pelle del soffietto. Ecco, mi è venuta ora l'idea per un video di consigli!
In realtà non è vero, possiedo e utilizzo macchine più moderne, e nel mio corredo ci sono reflex elettroniche e digitali... Che però sonnecchiano! La mia passione è per tutte le macchine fotografiche d'epoca. Soprattutto quelle che hanno una storia personale legata al proprietario oppure industriale, legata al loro periodo storico e alla società del loro tempo. Ovvio che quelle a soffietto, le cosiddette folding, sono quelle più appariscenti e con un fascino tutto particolare.
Il loro passato è una cosa preziosa per me; sicuramente non per i proprietari o gli eredi che spesso se ne liberano.
Sento in queste macchine qualcosa di visceralmente "sacro". Un profondo rispetto della vita dei precedenti proprietari.
E mi chiedo sempre quegli obbiettivi cosa avranno mai immortalato, quelle macchine in che mani siano finite e dove siano state, se in giro per il mondo o se non siano mai uscite dal paesino dove furono acquistate.
Avrò qualche turba psicologica.... non vi è dubbio, magari un giorno qualche terapeuta mi darà una chiave di lettura a questa mia sindrome.
Consigli da dare? Innanzitutto queste macchine soffrono di immobilità. I grassi e gli oli all’interno dopo parecchi decenni fanno bloccare i meccanismi, quindi accertatevi di trovarle funzionanti. Essendo semplici e "de ferro" sono tranquillamente riparabili. Ma bisogna capire i costi di manutenzione.
Per le folding attenzione al soffietto che è il punto debole. Prendendo una fotocamera di marchi prestigiosi la qualità dei materiali era altissima e resistono meglio alle ingiurie del tempo. Ma controllate sempre con una torcia infilata dentro se vedete luce trasudare dal soffietto; se è poca roba, un forellino, si può rimediare facilmente, più complicato se lo strappo è più severo.
Evitate quelle tenute anni sulle bancarelle dai venditori sotto il sole, che avrà cotto a puntino la pelle del soffietto. Ecco, mi è venuta ora l'idea per un video di consigli!
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Contax II (1937), Rollei Superpan 200 - © L'Ikonta Racconta |
Di tutte le foto che hai scattato, quale preferisci? Parlaci della sua genesi.
Non c'è una domanda di riserva? È come dire se vuoi bene più a mamma o a papà…
Ok... ci provo. Parlerò ovviamente solo di fotografie inerenti al mio canale, quindi scattate in pellicola con fotocamere storiche. Ne prenderò due nel mucchio per esemplificare quello di cui stiamo parlando.
La prima: Ho scattato questa fotografia ad una manifestazione ciclistica storica, la "Francescana", che si tiene ogni settembre a Foligno. La caratteristica di questo raduno è che tutti i partecipanti, sia alla gara agonistica che a quella amatoriale, hanno biciclette del passato e sono in abiti d'epoca.
E che faccio.... non vado a fotografare con fotocamere coeve ai mezzi su ruote?? l'ho fatto pure alla mille miglia... e stavolta mi sono vestito a tema anche io ( vedi foto mia)!
Ok... ci provo. Parlerò ovviamente solo di fotografie inerenti al mio canale, quindi scattate in pellicola con fotocamere storiche. Ne prenderò due nel mucchio per esemplificare quello di cui stiamo parlando.
La prima: Ho scattato questa fotografia ad una manifestazione ciclistica storica, la "Francescana", che si tiene ogni settembre a Foligno. La caratteristica di questo raduno è che tutti i partecipanti, sia alla gara agonistica che a quella amatoriale, hanno biciclette del passato e sono in abiti d'epoca.
E che faccio.... non vado a fotografare con fotocamere coeve ai mezzi su ruote?? l'ho fatto pure alla mille miglia... e stavolta mi sono vestito a tema anche io ( vedi foto mia)!
Numerosi sono i personaggi "attraenti" e, nel trambusto prima della partenza, mi sono destreggiato tra le orde di persone intente ad addossarsi in fila per lo start, cercando qualche espressione particolare o comportamento bislacco.
Mi è caduto subito lo sguardo su questo signore molto elegante che stava abbottonando amorevolmente la camicetta alla bambina per proteggerla dal vento che da lì a poco li avrebbe accarezzati, mentre scruta con sguardo severo i commissari di gara pronti a dare il segnale. Ho scattato con una elegantissima Zeiss-Ikon Super Ikonta formato 6x9, su pellicola Rollei Superpan 200; una delle mie emulsioni preferite. Questa macchina, essendo la categoria Super, a differenza delle sorelle minori dove il fuoco si fa a stima, ha un telemetro abbastanza rudimentale, a prismi rotanti e permette di fare un fuoco approssimativamente corretto. Bisogna prenderci la mano ma alla fine, con un po' di diaframma che aiuta e un po' di predizione visiva, si può benissimo fotografare in azione.
L'obbiettivo Zeiss Tessar, questo già con i primi trattamenti antiriflesso, unito al generoso formato del negativo, ha restituito un risultato di qualità, nitidezza e gamma dinamica superlativi.
L'otturatore in questi casi va sempre tenuto carico e la coppia tempo diaframma era già impostata su quella corretta. Cerco di tenerla sempre pronta e aggiornata, misurando di continuo, nei tempi morti, la luce nelle zone d'ombra della piazza.
Mi è caduto subito lo sguardo su questo signore molto elegante che stava abbottonando amorevolmente la camicetta alla bambina per proteggerla dal vento che da lì a poco li avrebbe accarezzati, mentre scruta con sguardo severo i commissari di gara pronti a dare il segnale. Ho scattato con una elegantissima Zeiss-Ikon Super Ikonta formato 6x9, su pellicola Rollei Superpan 200; una delle mie emulsioni preferite. Questa macchina, essendo la categoria Super, a differenza delle sorelle minori dove il fuoco si fa a stima, ha un telemetro abbastanza rudimentale, a prismi rotanti e permette di fare un fuoco approssimativamente corretto. Bisogna prenderci la mano ma alla fine, con un po' di diaframma che aiuta e un po' di predizione visiva, si può benissimo fotografare in azione.
L'obbiettivo Zeiss Tessar, questo già con i primi trattamenti antiriflesso, unito al generoso formato del negativo, ha restituito un risultato di qualità, nitidezza e gamma dinamica superlativi.
L'otturatore in questi casi va sempre tenuto carico e la coppia tempo diaframma era già impostata su quella corretta. Cerco di tenerla sempre pronta e aggiornata, misurando di continuo, nei tempi morti, la luce nelle zone d'ombra della piazza.
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Super Ikonta 6x9, Rollei Superpan 200 - © L'Ikonta Racconta |
L'altra foto: questa immagine l'ho scattata girellando per Firenze. Stavolta non con una folding, ma con una Contax II a telemetro. La grande antagonista di Leica è una meravigliosa e solida macchina del 1937, piena di idee innovative.
Con questa macchina Robert Capa immortalò lo sbarco in Normandia delle truppe alleate nel giugno 1944.
Molti, vedendomi, credono sia un apparecchio digitale, perché il suo design è così perfetto da sembrare attuale. Per non parlare della sua costruzione, qualità e precisione. Eccellente! Alla faccia dei suoi 88 anni!
C'era questo musicista di strada, con il suo violoncello. Assorto e rapito dalla musica che quasi non si curava di chi lo circondava, compresa la coppia di fidanzati che si sono concessi, in disparte, un momento di romanticismo.
Avevo montato in quel momento l'85 mm f2. Era perfetto per isolare, con il leggero schiacciamento prospettico, la scena.
Peccato che il mirino a telemetro della macchina è tarato per una visione sulla copertura del 50mm. E non avevo l'oculare aggiuntivo!
Quindi ho dovuto immaginare l'angolo di campo dell'85 mm. Non è difficile quando conosci la teoria e soprattutto il mezzo che hai. E direi che mi è andata bene, perché sono riuscito a incastonare i soggetti che mi interessavano nel perimetro dell'inquadratura..... senza mozzare niente!
Scatto eseguito a tutta apertura, quindi con fuoco critico, su pellicola Ilford HP5 a 400 iso, leggendo la luce sulle ombre con un esposimetro a luce diretta.
Con questa macchina Robert Capa immortalò lo sbarco in Normandia delle truppe alleate nel giugno 1944.
Molti, vedendomi, credono sia un apparecchio digitale, perché il suo design è così perfetto da sembrare attuale. Per non parlare della sua costruzione, qualità e precisione. Eccellente! Alla faccia dei suoi 88 anni!
C'era questo musicista di strada, con il suo violoncello. Assorto e rapito dalla musica che quasi non si curava di chi lo circondava, compresa la coppia di fidanzati che si sono concessi, in disparte, un momento di romanticismo.
Avevo montato in quel momento l'85 mm f2. Era perfetto per isolare, con il leggero schiacciamento prospettico, la scena.
Peccato che il mirino a telemetro della macchina è tarato per una visione sulla copertura del 50mm. E non avevo l'oculare aggiuntivo!
Quindi ho dovuto immaginare l'angolo di campo dell'85 mm. Non è difficile quando conosci la teoria e soprattutto il mezzo che hai. E direi che mi è andata bene, perché sono riuscito a incastonare i soggetti che mi interessavano nel perimetro dell'inquadratura..... senza mozzare niente!
Scatto eseguito a tutta apertura, quindi con fuoco critico, su pellicola Ilford HP5 a 400 iso, leggendo la luce sulle ombre con un esposimetro a luce diretta.
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Contax II (1937), Ilford HP5+ - © L'Ikonta Racconta |
Quali progetti intravedi nel futuro per il tuo canale?
Attualmente, purtroppo, sto un po' trascurando il canale per varie vicissitudini della vita. Produrre quel genere di video documentari - tutto da solo! - è abbastanza impegnativo soprattutto come tempo.
Mi sono concentrato così maggiormente sulla divulgazione tecnica, sia con video strutturati che con sessioni live, per poter interagire con il pubblico sulla fotografia a pellicola, che tanto sta tornando in voga. Purtroppo, un po' dappertutto, si trovano informazioni confuse e discordanti sulla tecnica e sulla gestione della fotografia chimica. Molto spesso sono dei “sentito dire”, leggende metropolitane o consuetudini ormai desuete che vengono ripetute a pappagallo da anni e che non hanno nessun fondamento tecnico-scientifico (basta sentire le sciocchezze come: la conservazione in frigorifero, la perdita di sensibilità con l'età, l'ortodossia sui tempi di sviluppo da bugiardino, ecc...) e soprattutto i più giovani che si avvicinano a questo fantastico mondo si trovano così confusi (per non dire spessissimo malconsigliati), dagli appunto “sentito dire”, con il risultato che, non riuscendo ad usare al meglio il mezzo, che già richiede non pochi investimenti di tempo e di denaro, ottengono risultati mediocri che presto o tardi faranno con delusione abbandonare loro il campo.
E sento e vedo, da tantissimi feedback, che anche questo tipo di contenuti sono molto apprezzati. Anche da chi ha capelli grigi ed è nato con la pellicola.
Mi sono concentrato così maggiormente sulla divulgazione tecnica, sia con video strutturati che con sessioni live, per poter interagire con il pubblico sulla fotografia a pellicola, che tanto sta tornando in voga. Purtroppo, un po' dappertutto, si trovano informazioni confuse e discordanti sulla tecnica e sulla gestione della fotografia chimica. Molto spesso sono dei “sentito dire”, leggende metropolitane o consuetudini ormai desuete che vengono ripetute a pappagallo da anni e che non hanno nessun fondamento tecnico-scientifico (basta sentire le sciocchezze come: la conservazione in frigorifero, la perdita di sensibilità con l'età, l'ortodossia sui tempi di sviluppo da bugiardino, ecc...) e soprattutto i più giovani che si avvicinano a questo fantastico mondo si trovano così confusi (per non dire spessissimo malconsigliati), dagli appunto “sentito dire”, con il risultato che, non riuscendo ad usare al meglio il mezzo, che già richiede non pochi investimenti di tempo e di denaro, ottengono risultati mediocri che presto o tardi faranno con delusione abbandonare loro il campo.
E sento e vedo, da tantissimi feedback, che anche questo tipo di contenuti sono molto apprezzati. Anche da chi ha capelli grigi ed è nato con la pellicola.
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Super Ikonta 6x6 (1954), Rollei Superpan 200 - © L'Ikonta Racconta |
I social sono un'arma formidabile per accrescere la conoscenza e la condivisione. La velocità di apprendimento e di confronto di oggi (se solo ci fosse ancora un sano confronto...vabbè), possono portare l'individuo ad una emancipazione e ad una crescita straordinaria.
Per molti il social è una straordinaria vetrina per farsi conoscere, siano essi professionisti o amatori. Per me invece, che ho poco da mostrare, sono un mezzo di "evangelizzazione" sorprendente!
Se è riuscito San Paolo con le sue lettere a far diffondere la prima cristianità, immaginiamo la potenza di diffusione della cultura e della tecnica fotografica.
Io li paragono alla nascita dei caratteri mobili e dei libri. Permettono di accedere a notizie e nozioni che una volta sarebbero state per pochi e che si sarebbero appresi lentamente e con molta difficoltà.
Bisogna ovviamente stare attenti a quello che si incontra poiché, come il buon Umberto Eco aveva largamente previsto, il web ed i social in particolare danno voce anche a chi si sveglia una mattina e decide di essere esperto in una materia.
Le due "verità" così viaggiano con lo stesso peso. Sta all'utente finale dirimere l'arcano. Ma spesso non è semplice. Ecco perché bisogna avere un minimo di strumenti culturali e tecnici che ci permettano di perseguire la giusta rotta in questo mare magnum. Che sia esso fotografico o di qualsiasi altra natura.
Io sono molto social. Proprio perché trovo la possibilità di condividere (ovviamente quello che voglio sia condiviso) e di interagire con altre persone.
E nel caso specifico mi permettono di aiutare con la mia esperienza, in una sorta di “caritas ad gentes”, le altre persone a crescere.
Il poco di pochi crea le disuguaglianze. Il poco che sembra insignificante di molti crea qualcosa di importante.
Per molti il social è una straordinaria vetrina per farsi conoscere, siano essi professionisti o amatori. Per me invece, che ho poco da mostrare, sono un mezzo di "evangelizzazione" sorprendente!
Se è riuscito San Paolo con le sue lettere a far diffondere la prima cristianità, immaginiamo la potenza di diffusione della cultura e della tecnica fotografica.
Io li paragono alla nascita dei caratteri mobili e dei libri. Permettono di accedere a notizie e nozioni che una volta sarebbero state per pochi e che si sarebbero appresi lentamente e con molta difficoltà.
Bisogna ovviamente stare attenti a quello che si incontra poiché, come il buon Umberto Eco aveva largamente previsto, il web ed i social in particolare danno voce anche a chi si sveglia una mattina e decide di essere esperto in una materia.
Le due "verità" così viaggiano con lo stesso peso. Sta all'utente finale dirimere l'arcano. Ma spesso non è semplice. Ecco perché bisogna avere un minimo di strumenti culturali e tecnici che ci permettano di perseguire la giusta rotta in questo mare magnum. Che sia esso fotografico o di qualsiasi altra natura.
Io sono molto social. Proprio perché trovo la possibilità di condividere (ovviamente quello che voglio sia condiviso) e di interagire con altre persone.
E nel caso specifico mi permettono di aiutare con la mia esperienza, in una sorta di “caritas ad gentes”, le altre persone a crescere.
Il poco di pochi crea le disuguaglianze. Il poco che sembra insignificante di molti crea qualcosa di importante.
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Super Ikonta 6x6 (1938) - © L'Ikonta Racconta |
Ringraziamo Pasquale per averci concesso l’intervista, se vi interessa seguire “L’Ikonta Racconta” potete farlo tramite i seguenti link:
Youtube: http://www.youtube.com/@IkontaRacconta
Instagram: instagram.com/ikonta_racconta
TikTok: tiktok.com/@ikontaracconta?lang=it-IT
>> Link a tutte le interviste <<
Ottima intervista il canale Ikonta è uno dei miei preferiti. È la scoperta di Gammadin è un ottima unione.
RispondiEliminaGrazie, ci impegnamo a pubblicare interviste dalle quali si possano trarre spunti o semplicemente trovare profili e/o canali interessanti da seguire
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