
Con questo articolo inauguriamo una nuova serie della rubrica “esperimenti”. Il titolo come potete notare è curioso, quasi un ossimoro: com’è possibile che il digitale sia vintage?
Tutto nasce dalle mie prime esperienze fotografiche, avvenute proprio con le fotocamere compatte digitali. Negli anni, seguendo l’evoluzione di questa categoria, ho potuto riscontrare dei cambiamenti significativi. La prima fase (fine anni ’90, primi 2000) era dominata dalle compatte “primitive”, ovvero quelle con risoluzioni molto basse, forme quasi fantascientifiche e prestazioni inferiori. La seconda fase, che qui prenderemo in esame (metà anni 2000 fino al 2010 circa) vide un miglioramento importante di prestazioni e tecnologia. Nell’ultima fase (il resto degli anni 2010) ci fu il declino; la conclusione è nota, ovvero la quasi totale scomparsa della categoria, fagocitata dagli smartphone. A onor del vero, attualmente sono in vendita diverse compatte con sensore da un pollice che offrono una buona qualità. E persino i cellulari, con la loro raffinata tecnologia, riescono a garantire risultati discreti. Niente di tutto questo però, replica la magia delle compatte che furono. Come mai? Scopriamolo insieme.
Il fulcro delle compatte vintage digitali è il sensore CCD. Senza addentrarci in noiose spiegazioni tecniche, sappiate che questa tipologia di sensori era ampiamente utilizzata in quegli anni. Si contraddistingue per una scarsa resistenza al rumore, ma in cambio regala un tocco unico alle immagini, ricche di contrasto e colori vividi. Insomma un insieme di fattori che ricorda la pellicola, seppure senza replicarla del tutto.
Gli obiettivi abbinati a queste macchine erano di ottima qualità, con buoni valori di luminosità.
Vi chiederete: come mai questa magia è finita? Ebbene, col progredire della tecnologia furono introdotti sul mercato i sensori CMOS, che seppur tecnologicamente più avanzati non riuscirono a replicare nemmeno in parte l’unicità dei CCD. Le immagini avevano meno rumore, ma erano piatte e senz’anima, i colori smorti. Gli obiettivi aumentavano il raggio d’azione, al prezzo della riduzione di luminosità e qualità. A tutto questo si aggiunse la famosa e deleteria “guerra dei megapixel”, in cui i produttori facevano a gara nell’aumentare la risoluzione, con l’unico risultato di rovinare i dettagli.
Se inizialmente pensavo di essere l’unico ad apprezzare questa categoria di fotocamere, ho poi scoperto di essere in buona compagnia. Vi è un articolo su Dpreview di una fotografa che usa queste compatte in modo professionale. Recentemente il buon Gordon Laing di Cameralabs si è lanciato nel progetto “Retro Review”, di cui vi lasciamo il collegamento all’ultimo episodio. Riguardo all’autore (una leggenda tra i recensori su internet) specifico che si occupa di modelli particolarmente datati, ma consiglio comunque la lettura dei suoi articoli.
Nelle prossime puntate vi racconterò la mia esperienza personale per ognuno dei modelli che ritengo validi; queste non saranno recensioni vere e proprie, ma un racconto informale su come divertirsi con questi giocattolini, sperando di stimolare la vostra creatività.
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